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Dott.ssa Beatrice Aisa

Disturbi del comportamento alimentare

Negli ultimi anni i disturbi alimentari hanno suscitato un grande interesse da parte dei media e dell’opinione pubblica, ma nonostante questo la conoscenza e le informazioni a riguardo sono ancora oggi scarse e spesso parziali, questa è una delle ragioni per cui il 15 marzo 2012 l’Associazione “Mi Nutro di Vitaha promosso per la prima volta la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla.

Nel giugno 2018 questa data è stata riconosciuta istituzionalmente dalla Presidenza del Consiglio come la Giornata Nazionale contro i Disturbi dell’Alimentazione ed ha tra i suoi obiettivi quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema, obiettivo ancora più rilevante quest’anno in cui la pandemia e lo stress ad essa legato ha comportato un aumento dell’incidenza come evidenziato dalla dottoressa Dalla Ragione, direttrice della rete DCA USL 1 dell'Umbria, che riporta un incidenza incrementata del 30% nell’ultimo anno, con un abbassamento dell’età di insorgenza tra i 10-12 anni e un’aumentata diffusione nella popolazione maschile.


I disturbi alimentari colpiscono soprattutto le persone di sesso femminile, anche se negli ultimi anni sembrano in aumento i casi nel sesso maschile, e riguardano soprattutto i paesi occidentali, in cui è presente una forte pressione sociale verso la magrezza.

Tendenzialmente l’età di insorgenza va dai 12 ai 25 anni, con un doppio picco di maggiore frequenza a 14 anni e a 18 anni per l’anoressia nervosa e 17-18 per la bulimia nervosa, tuttavia negli ultimi anni sono più frequenti i casi di insorgenza precoce (prima dei 12 anni) o tardiva (dopo i 20-30 anni).


Il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) ne fornisce la seguente definizione:


I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.

Il DSM-5 distingue, attraverso una serie di criteri specifici, sei categorie diagnostiche principali:

1. Pica

2. Disturbo da ruminazione

3. Disturbo alimentare evitante/restrittivo

4. Anoressia nervosa

5. Bulimia nervosa

6. Disturbo di alimentazione incontrollata Chi non rientra pienamente nei criteri diagnostici di questi disturbi rientra in un’altra categoria definita Altri disturbi dell’alimentazione.

Anoressia Nervosa

È una condizione caratterizzata da:

· presenza di sottopeso, dovuta ad una riduzione dell’assunzione di calorie

· un’intensa paura di aumentare di peso o di ingrassare nonostante il basso peso

· valutazione di sé eccessivamente basata sul peso e sulle forme del corpo.

L’amenorrea, ovvero la mancanza di almeno tre cicli mestruali consecutivi, non è più necessaria per la diagnosi, a differenza della precedente edizione del DSM, ma rappresenta comunque un segnale che deve far sospettare la presenza di un disturbo dell’alimentazione quando non è spiegata da una causa organica e si accompagna ad una restrizione alimentare.



Bulimia Nervosa

È una condizione caratterizzata da:

· presenza di ricorrenti episodi di abbuffate, cioè l’assunzione di una quantità di cibo significativamente superiore a quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili, associate ad una sensazione di perdita di controllo.

· comportamenti di compenso, come vomito autoindotto, uso improprio di lassativi o diuretici, eccessivo esercizio fisico o digiuno, finalizzati ad evitare l’aumento ponderale a seguito delle abbuffate

· eccessiva valutazione del peso e delle forme corporee.

Disturbo da Alimentazione Incontrollata (o Binge-eating)

È una condizione caratterizzata da:

· presenza di frequenti abbuffate che devono avere tre o più delle seguenti caratteristiche:

- mangiare più rapidamente del normale

- mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieno

- mangiare grandi quantità di cibo quando non ci si sente fisicamente affamati

- mangiare da solo perché ci si sente imbarazzati dalla quantità di cibo che si sta assumendo

- sentirsi disgustato di se stesso, depresso o in colpa dopo l’episodio

· assenza di comportamenti di compenso

· marcato disagio relativo alle abbuffate.


Numerosi studi mostrano che questa divisione in categorie non descrive in modo accurato la realtà clinica, sembra invece che i diversi disturbi dell’alimentazione siano manifestazioni differenti di un’unica psicopatologia.

Infatti, i diversi disturbi dell’alimentazione condividono le caratteristiche cliniche ed essi tendono a persistere nel tempo modificandosi, ma non ad evolvere in altri disturbi mentali; uno stesso soggetto, quindi, può nel tempo soddisfare i criteri diagnostici di categorie diverse di disturbi alimentari, ma difficilmente il disturbo alimentare assumerà caratteristiche riferibili a disturbi mentali differenti.

Queste osservazioni hanno portato gli studiosi dell’Università di Oxford a sviluppare la Teoria Transdiagnostica (Fairburn, 2010), che considera i disturbi dell’alimentazione come un’unica categoria diagnostica piuttosto che un gruppo di disturbi separati.

Questa teoria è una delle diverse teorie psicologiche attraverso cui gli studiosi hanno cercato di spiegare lo sviluppo e il mantenimento dei disturbi dell’alimentazione.

Le cause dei disturbi dell’alimentazione, infatti, non sono attualmente del tutto note, nonostante siano stati fatti numerosi studi per indagarle.


I dati recenti indicano l’esistenza di un’interazione tra fattori predisponenti di tipo genetico, ambientale, socioculturale e psicologico e fattori precipitanti, come ad esempio diete o difficoltà psicologiche e relazionali. Una volta che il disturbo si è instaurato viene sostenuto da una serie di fattori di mantenimento.

La terapia basata sulla Teoria Transdiagnostica è incentrata sull’intervento sui fattori di mantenimento del disturbo secondo una prospettiva cognitivo-comportamentale, si concentra cioè sull’analisi e sulla modifica dei pensieri e dei comportamenti che mantengono la sintomatologia.

Come accennato in precedenza, la teoria sostiene che esista un’unica categoria diagnostica il cui nucleo centrale è rappresentato dall’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione e che la maggior parte delle altre caratteristiche cliniche derivi direttamente o indirettamente da essa, pertanto la terapia si applica a tutti i disturbi dell’alimentazione attuando piccole modifiche.

Questo tipo di trattamento prende il nome di CBT-E “Enhanced cognitive behaviour therapy” (terapia cognitivo comportamentale migliorata) ed è un trattamento psicologico altamente individualizzato, in cui il terapeuta e la persona con il problema alimentare lavorano insieme per scoprire come il problema si mantiene e progettano in modo cooperativo come superarlo, con l’ausilio di strategie e strumenti specifici della CBT-E. Esistono numerose prove di efficacia a favore di questo trattamento, motivo per cui le linee guida internazionali lo indicano come l’intervento di prima scelta per questo tipo di disturbi negli adulti.

La natura stessa dei disturbi alimentari comporta che le conseguenze negative non si limitino al malessere psicologico, ma possono comportare complicanze sul piano organico, talvolta estremamente serie; il trattamento, quindi, deve prevedere anche un monitoraggio medico e in alcuni casi più gravi può rendersi necessario avvalersi di trattamenti svolti in regime di ricovero. In alcuni casi può risultare utile affiancare una terapia farmacologica al trattamento psicologico.

L’individuazione precoce, attraverso una diagnosi accurata e il trattamento tempestivo di questi disturbi rappresentano un fattore importante per il successo dell’intervento, per questo la diffusione di informazioni relative a queste problematiche è fondamentale.


BIOGRAFIA E SITOGRAFIA


Fairburn CG. La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione. Firenze, Eclipsi; 2010.

Dalle Grave R: Come Vincere i Disturbi dell’Alimentazione. Un Programma Basato sulla Terapia Cognitivo Comportamentale. Verona, Positive Press; 2012

https://www.aidap.org

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